U-Boot 96 (Wolfgang Petersen, 1981)

Eine Reise ans Ende des Verstandes”
“Un viaggio ai limiti della mente umana”

(Tagline del film)

U-Boot 96 (Das Boot) è un film di guerra tedesco del 1981 scritto e diretto da Wolfgang Petersen e interpretato da Jürgen Prochnow, Herbert Grönemeyer e Klaus Wennemann.

La pellicola è incentrata sull’U-96, un sommergibile della Marina militare tedesca (Kriegsmarine) in servizio durante la Seconda Guerra Mondiale (U-Boot è l’abbreviazione di Unterseeboot, letteralmente battello sottomarino) ed è tratta dall’omonimo romanzo di Lothar-Günther Buchheim Das Boot, pubblicato nel 1973 ed edito in Italia come U-Boot.

L’U-96 in una scena del film

La narrazione è immaginaria, ma si basa su episodi realmente accaduti al vero U-96: Buchheim, autore del romanzo, era salito a bordo del sommergibile nel 1941 come corrispondente di guerra per fotografare e descrivere un U-Boot in azione per scopi di propaganda; Heinrich Lehmann-Willenbrock, comandante dell’U-96 e sesto comandante tedesco per tonnellaggio nemico affondato (179125 tonnellate) nella Battaglia dell’Atlantico contro gli Alleati, fece da consulente alla regia insieme a Hans-Joachim Krug, comandante in seconda dell’U-219.

Il vero U-96 e il comandante Lehmann-Willenbrock

Nell’ottobre 1941, il tenente Werner si imbarca a La Rochelle come corrispondente di guerra a bordo del sommergibile tedesco U-96, in procinto di salpare per l’Atlantico a caccia di navi nemiche. L’U-96 ha come ufficiali più alti in grado l’autorevole comandante, soprannominato Der Alte (Il vecchio), e il valente direttore di macchina.

Werner entra rapidamente a contatto con le dure condizioni di vita all’interno del sommergibile, segnate da snervanti attese, sporcizia e promiscuità, che minano costantemente il morale dell’equipaggio.

Il comandante e il tenente Werner in una scena del film

Dopo giorni di navigazione viene segnalata la presenza di un convoglio Alleato e il comandante si lancia all’attacco, ma una fitta nebbia ribalta inaspettatamente lo scenario: l’U-96 viene individuato e bombardato da un cacciatorpediniere (una nave da guerra progettata appositamente per attaccare i sommergibili, equipaggiata con sonar e cariche di profondità) e da cacciatore diventa preda, riuscendo comunque ad allontanarsi.

La disillusione del comandante, diffidente riguardo all’attendibilità degli ordini ricevuti, trova conferma quando l’U-96 si imbatte in un’unità amica: un incontro così improbabile nell’immensità dell’oceano induce a sospettare che uno dei due sommergibili sia stato inviato nel posto sbagliato, palese testimonianza della superficialità dell’Alto Comando sui reali obiettivi delle missioni.

Una notte l’U-96 avvista un convoglio nemico e attacca lanciando tre siluri, nonostante il chiarore della Luna lo renda facilmente distinguibile: i siluri raggiungono i bersagli, ma il sommergibile viene individuato da un caccia di scorta alle navi e bombardato per ore, riuscendo miracolosamente a salvarsi.

Una scena del film

Quando il rientro sembra ormai imminente, un inatteso ordine impone al sommergibile un ultimo incarico, che si rivela essere una missione suicida: dirigersi verso la base di La Spezia passando attraverso lo stretto di Gibilterra presidiato dalla flotta britannica.

Durante l’insidiosa traversata, l’U-96 viene centrato da una bomba e tenta la fuga immergendosi rapidamente: il colpo ricevuto ha però danneggiato gli strumenti per regolare l’immersione e l’assetto del sommergibile, che continua a scendere senza più controllo.

Raggiunta la profondità di 270 metri, ben oltre il livello di tenuta del natante, un banco di sabbia arresta la mortale discesa: la pressione dell’acqua, tuttavia, fa cedere rivetti e parte della tubolatura, provocando l’apertura di falle e di vie d’acqua che inondano rapidamente il sommergibile.

Una scena del film

In una corsa contro il tempo, con sempre meno ossigeno e forze residue, l’equipaggio riesce strenuamente a chiudere le falle e, grazie all’ingegno del direttore di macchina, a riparare gli impianti danneggiati, rimettendo il sommergibile in condizione di emergere: dopo oltre 24 ore e senza quasi più ossigeno, l’U-96 riesce a tornare in superficie.

Il comandante rinuncia ad attraversare lo stretto e dà ordine di rientrare alla base, ma il destino sarà implacabile.

Il direttore di macchina (Wennemann), il comandante (Prochnow) e il tenente Werner (Grönemeyer) in una scena del film

Un film di guerra antimilitarista, un film tedesco antinazista

A parte il primo guardiamarina, giovane ufficiale e fervente nazista, l’equipaggio dell’U-96 è apolitico o, come nel caso del comandante, apertamente antinazista. Lo storico Michael Gannon conferma che nel 1941, anno in cui è ambientato il film, gli U-Boot erano uno dei rami meno filo-nazisti nelle forze armate tedesche. Nel suo libro Iron Coffins (Bare di ferro), l’ex comandante di U-Boot Herbert A. Werner sottolinea che la selezione del personale navale in base alla lealtà al partito durante la guerra avvenne solo dal 1943 in poi, quando gli U-Boot stavano subendo ingenti perdite, il morale dei soldati era ai minimi termini e iniziava a serpeggiare un crescente scetticismo verso il Führer e l’Alto Comando.

Una scena del film

L’originalità di U-Boot 96 è spiazzante fin dal soggetto: la vita all’interno di un sommergibile durante la Seconda Guerra Mondiale raccontata dal punto di vista dei soldati tedeschi, mostrati per la prima volta come esseri umani dotati di sentimenti e ingegno e non come fanatici sanguinari. Una prospettiva del tutto nuova per l’epoca: in un’industria cinematografica dominata dal colosso statunitense, la pellicola di produzione tedesca stravolse i canoni del cinema di guerra. Un’impresa titanica ed estremamente rischiosa, che richiese una maniacale attenzione ai particolari: la minima ambiguità avrebbe facilmente attirato accuse di revisionismo.

I protagonisti non vengono dipinti come eroi: sono semplicemente soldati chiamati ad affrontare paure e insidie in un contesto così estremo e claustrofobico, dove all’angosciosa frenesia delle battaglie fanno da contraltare i lunghi periodi di inattività. È questa la vera forza del film: la costante tensione e il notevole realismo catapultano lo spettatore a bordo e generano una potentissima empatia verso i personaggi, arrivando a rendere imprevedibile un epilogo in fondo annunciato.

Una scena del film

Curiosità

La realizzazione del film durò due anni, dal 1979 al 1981. Le scene all’interno del sommergibile furono girate tutte di seguito, per rendere l’aspetto degli attori il più realistico possibile: il caratteristico pallore di chi ha vissuto al chiuso per lunghi periodi, la barba e i capelli incolti, i vestiti sporchi e sdruciti. Agli attori fu inoltre impartita una formazione sul campo per imparare a muoversi rapidamente negli angusti spazi del sommergibile, senza inciampare o scontrarsi con i compagni, così da limitare al massimo incidenti ed eventuali interruzioni.

Gli ufficiali dell’U-Boot 96 in una scena del film

Non disponendo la produzione delle attrezzature all’avanguardia usate dal cinema hollywoodiano, nelle scene in cui i personaggi dovevano essere bagnati l’acqua non era riscaldata e gli attori tremavano realmente per il freddo.

Ogni dettaglio, dalle divise alle apparecchiature, dalle armi alle suppellettili, è storicamente accurato. Per riprodurre l’U-96 furono realizzati due modelli a grandezza naturale di un vero U-Boot Tipo VII-C: un sommergibile motorizzato e vuoto per gli esterni in mare e un tubo provvisto di tutti gli interni; quest’ultimo era montato su un simulatore di navigazione azionato da attuatori idraulici in modo da ricreare rollio e beccheggio, insieme agli scossoni prodotti dalle bombe di profondità.

Interni del modello: tavolo del timoniere (in alto a sinistra), camera di manovra (in alto a destra), sala siluri (in basso a destra), sala macchine (in basso a sinistra)

Il modello usato per le scene in emersione venne prestato a Steven Spielberg per I predatori dell’arca perduta, le cui riprese erano iniziate in quel periodo, e fu restituito in pessime condizioni, tanto da allarmare la produzione sulla sua effettiva capacità di galleggiare nelle ultime scene ancora da girare.

Un modello della torretta del vero U-96 con il celebre logo del pesce sega ghignante fu realizzato per gli esterni che non richiedevano la ripresa dell’intero scafo. La torretta fu posizionata in una piscina nei Bavaria Studios di Monaco: per simulare le onde venivano lanciati getti d’acqua.

In alto, l’U-995 (un U-Boot Tipo VII-C) in esposizione al Memoriale navale di Laboe; in basso il modello della torretta esposto ai Bavaria Studios di Monaco

U-Boot 96 fu la prima parte di rilievo per l’attore Jürgen Prochnow (il comandante), che da quel momento divenne uno dei caratteristi più richiesti a livello internazionale (Dune, Un’arida stagione bianca, Robin Hood – La leggenda, Il paziente inglese), recitando spesso in ruoli di villain autoritari, crudeli e sadici.

Jürgen Prochnow in U-Boot 96

Herbert Grönemeyer (il tenente Werner) è uno dei più popolari cantautori tedeschi: dal 1984 tutti i suoi album si sono posizionati al primo posto nelle classifiche nazionali e i suoi album Mensch e 4630 Bochum sono ancora oggi il primo e il terzo album più venduti di sempre in Germania.

Herbert Grönemeyer in U-Boot 96

Nel 1997 la pellicola è stata distribuita in una versione Director’s cut di 209 minuti che, rispetto alla versione cinematografica del 1981 (149 minuti), risulta essere molto più completa senza appesantire la narrazione. Poiché l’audio originale era andato perduto, furono richiamati gli attori originali che, dopo sedici anni, ridoppiarono l’intera pellicola. In modo simile fu ricreata l’imponente colonna sonora, a partire dalla registrazione originale conservata dal compositore Klaus Doldinger: l’audio su più canali consentì la distribuzione del film in Dolby Digital.

U-Boot 96 è considerato uno dei migliori film di guerra mai realizzati: un thriller mozzafiato dal realismo quasi documentaristico, intelligente e anticonformista. Acclamato dalla critica, ottenne 6 nomination ai premi Oscar (regia, sceneggiatura non originale, fotografia, montaggio, sonoro e montaggio sonoro), attuale record per una pellicola tedesca, ma non riuscì a conquistare neppure una statuetta. Il film ebbe inoltre uno straordinario successo di pubblico, specialmente in Germania e negli Stati Uniti: a fronte di un budget iniziale di 32 milioni di marchi (tuttora una delle produzioni tedesche più costose di sempre), incassò quasi 85 milioni di dollari in tutto il mondo. Due anni dopo, un’altra pellicola diretta da Wolfgang Petersen avrebbe raggiunto i 100 milioni di dollari di incassi: La storia infinita, il film tedesco più costoso del dopoguerra (60 milioni di marchi).

Sul set di U-Boot 96 (da destra a sinistra): l’attore Jürgen Prochnow, il regista Wolfgang Petersen, l’autore del romanzo Lothar-Günther Buchheim e il direttore della fotografia Jost Vacano

Sciarada (Stanley Donen, 1963)

Sciarada (Charade) è un film del 1963 diretto da Stanley Donen con protagonisti Cary Grant e Audrey Hepburn.

Regina Lampert (Audrey Hepburn) è un’americana che vive a Parigi. Il marito Charles, misterioso avventuriero, viene assassinato su un treno mentre sta fuggendo con l’equivalente di 250.000 $. Da quel momento Regina, che non era al corrente dei loschi affari del marito e che non ha idea di dove si trovino i soldi, viene tampinata da Tex, Scobie e Gideon (James Coburn, George Kennedy e Ned Glass), tre torvi individui che sostengono di essere i proprietari del denaro e che ne pretendono la restituzione. I tre non sono gli unici interessati al cospicuo gruzzolo: Hamilton Bartholomew (Walter Matthau), funzionario della CIA, svela a Regina i retroscena relativi al denaro reclamandone la consegna poiché di proprietà del governo statunitense. Un affascinante uomo di mezza età conosciuto in vacanza, Peter Joshua (Cary Grant), si offre di aiutare Regina a trovare il denaro. È qui che ha inizio il rompicapo che dà il titolo al film: per nascondere ogni traccia, Charles aveva utilizzato il contante per acquistare qualcosa dal valore consistente e duraturo, qualcosa che non desse nell’occhio…

Cary Grant e Audrey Hepburn in Sciarada (1963)

La performance di un cast straordinario, l’intesa perfetta della coppia Grant-Hepburn, la superlativa sceneggiatura, l’esemplare regia di Stanley Donen, le ammalianti ambientazioni parigine e le coinvolgenti musiche di Henry Mancini rendono questo film una vera gemma nella moltitudine di opere coeve ben più incensate e reclamizzate.

Sciarada appartiene a un genere che non esiste più, il giallo-rosa, che univa la suspence del thriller al brio della commedia e al romanticismo del genere sentimentale: il film, infatti, si divide equamente tra una commedia sofisticata statunitense (screwball comedy) degli Anni ’30 e Intrigo internazionale (North by Northwest, 1959) di Alfred Hitchcock, che vede protagonista lo stesso Cary Grant. Non a caso, la pellicola è stata definita “il miglior film di Hitchcock che Hitchcock non ha mai realizzato”. Secondo il critico Chris Cabin, la struttura del film richiama il best seller di Agatha Christie Dieci piccoli indiani.

Cary Grant in Intrigo internazionale (1959)

La screwball comedy ha dominato il panorama cinematografico statunitense nel decennio 1935-45, sopravvivendo fino agli Anni ’60: era solitamente incentrata sulla guerra dei sessi e sull’incontro/scontro fra personaggi che, superata un’iniziale repulsione, finiscono con l’innamorarsi dopo una serie di imprevedibili eventi, talvolta con scambi di persona.

Il genere entrò ufficialmente in scena nel 1934 con Accadde una notte di Frank Capra, primo film a vincere i Premi Oscar nelle cinque categorie principali (miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, miglior attrice protagonista, miglior sceneggiatura non originale), in un contesto storico molto particolare: lo spirito ottimista, i ritmi frenetici e la disinvoltura dei costumi promossi dal New Deal del presidente Roosevelt e la rigida censura imposta al cinema dal Codice Hays diedero vita a un nuovo genere di commedia, caratterizzata da dialoghi incalzanti, sferzanti allusioni e raffinato umorismo.

Clark Gable e Claudette Colbert in Accadde una notte (1934)

I critici Andrew Sarris ed Enrico Giacovelli definiscono le screwball comedies rispettivamente come sex comedies without the sex e commedie del desiderio. Frank Capra, George Cukor e Howard Hawks sono solo alcuni dei grandi registi che esaltarono questo genere cinematografico. Tra gli interpreti brillavano star come Katharine Hepburn, Clark Gable e James Stewart, ma l’indiscusso re della commedia sofisticata fu proprio lui: Cary Grant.

Cary Grant

Cary Grant è stato uno degli attori più brillanti e affascinanti della storia del cinema. Inglese di nascita ma trasferitosi giovanissimo negli Stati Uniti, era dotato di una naturale e raffinata eleganza, una notevole prestanza fisica e un sottile senso dell’ironia. Ha recitato pressoché in ogni genere di film, dalle commedie brillanti alle pellicole sentimentali e drammatiche, fino ai thriller di Alfred Hitchcock, di cui è stato dichiaratamente l’attore preferito.

Sciarada fu l’unica occasione per Grant di lavorare con Audrey Hepburn, avendo anni prima rifiutato di recitare in Vacanze romane (1953) e Sabrina (1954). Grant, che compì 59 anni durante le riprese, si sentiva piuttosto a disagio riguardo al proprio ruolo: il copione prevedeva infatti una storia d’amore tra lui e la Hepburn e la differenza di età tra i due divi era considerevole (all’epoca la Hepburn aveva 33 anni). La produzione gli venne allora incontro aggiungendo alcune battute in cui il suo personaggio fa riferimento alla propria età e rappresentando la Hepburn come inseguitrice nella relazione.

Cary Grant e Audrey Hepburn in Sciarada

Nonostante le iniziali remore, la chimica tra i due attori si rivelò eccezionale e fu senza dubbio uno dei motivi di maggior successo del film. A testimonianza di ciò, l’anno successivo Grant dichiarò: “L’unico regalo che desidero per Natale è un altro film con Audrey Hepburn!”

Audrey Hepburn in Sciarada

Audrey Hepburn era all’apice della carriera, reduce dal successo di Colazione da Tiffany (1961). La sua bellezza e la sua eleganza in questo film sono davvero impareggiabili. Non è più una timida giovinetta che inizia a scoprire il mondo, come la principessa Anna in Vacanze romane o Sabrina nell’omonimo film, né una ragazza spregiudicata in costante conflitto con se stessa che si rifiuta di crescere, come la Holly Golightly di Colazione da Tiffany: è una donna che irradia una bellezza consapevole e smaliziata.

Audrey Hepburn in Sciarada

Nel gioco delle parti, la Hepburn si esalta in un’interpretazione elegantemente tesa, in contrapposizione al classico Grant sornione e charmant. I costumi di Givenchy, che si adattano ai suoi ruoli come se l’attrice fosse sempre tutt’uno con il personaggio che interpreta, raggiungono in questo film un’eleganza sublime.

Audrey Hepburn in Sciarada

Fu uno degli ultimi ruoli significativi nella carriera di Cary Grant, così come per due iconici caratteristi presenti nel film: Ned Glass (Leopold W. Gideon) e Jacques Marin (l’ispettore Grandpierre), attore francese e storica spalla di Jean Gabin, che avrebbe ritrovato la Hepburn in Come rubare un milione di dollari e vivere felici (1966).

Ned Glass (a sinistra con James Coburn) e Jacques Marin in Sciarada

I personaggi secondari sono un notevole punto di forza del film. Sciarada fece da definitivo trampolino di lancio per un trittico di futuri premi Oscar: Walter Matthau, James Coburn e George Kennedy. Non ancora celebre per il fortunato sodalizio con Jack Lemmon, Walter Matthau interpreta brillantemente un ruolo camaleontico in sordina, in netta contrapposizione con la ricercata sfacciataggine del protagonista maschile, Cary Grant. James Coburn, che aveva già recitato piccole ma rilevanti parti ne I magnifici sette (1960) e La grande fuga (1963), interpreta un cattivo dall’acume sottile e dall’espressione mefistofelica. George Kennedy, al primo ruolo importante in carriera, arricchisce la pellicola di comica brutalità.

Walter Matthau, James Coburn e George Kennedy in Sciarada

Sciarada è un meccanismo perfetto, coinvolgente fin dalla prima scena e scandito da tempi e ritmi che ricordano il musical. Il merito è soprattutto del regista Stanley Donen, ex ballerino e coreografo, esperto cineasta di celeberrimi film musicali, tra cui: Cantando sotto la pioggia (1952), co-diretto insieme a Gene Kelly, Sette spose per sette fratelli (1954) e Cenerentola a Parigi (1957), nel quale aveva già diretto la Hepburn.

Stanley Donen

E la location? Parigi nei film non è mai solo scenografia, è uno dei personaggi. I mercati generali di Les Halles, i Bateaux Mouches, il Lungosenna, Notre-Dame, i Jardins des Champs-Élyseés, il Palais Royale, la Comédie-Française: ognuno di questi luoghi resta indissolubilmente legato alla scena che ospita nel film.

Notre-Dame, il Bateau Mouche e il Palais Royale

Le atmosfere romantiche sembrano dominare tutto il resto e lo spettatore si lascia cullare nel loro fascino in tante memorabili sequenze. C’è però anche un’altra Parigi in Sciarada: misteriosa, nebbiosa, di una tranquillità sfarzosa ma in realtà solo apparente. Una città dall’aspetto tanto regale che al tempo stesso riesce ad essere così inquietante e minacciosa: nessun’altra ambientazione avrebbe raggiunto lo stesso effetto.

Ma cosa sono le immagini senza la musica? Henry Mancini compose le musiche di Sciarada nel suo periodo migliore, al culmine del successo: già pluripremiato agli Oscar per Colazione da Tiffany (1961) e I giorni del vino e delle rose (1962) e prima di comporre il celebre tema della Pantera Rosa per l’omonimo film (1964), Sciarada gli consentì di rinsaldare il suo sodalizio con la Hepburn. Nella colonna sonora del film, musica classica e jazz si fondono alla perfezione, ricreando le atmosfere sognanti e i ritmi incalzanti tipici del suo inconfondibile stile.

Henry Mancini

Una curiosità: gli ipnotici titoli di testa sono opera di Maurice Binder, disegnatore statunitense ideatore della cosiddetta gun barrel sequence (sequenza della canna di pistola), tema di apertura ricorrente nei film di James Bond.

La celebre gun barrel sequence

Non, je ne regrette rien (Édith Piaf)

Non, je ne regrette rien (“No, non rimpiango niente”) è una canzone del 1956 composta da Charles Dumont con parole di Michel Vaucaire e resa immortale dall’indimenticabile interpretazione di Édith Piaf.

La canzone può essere considerata l’emblema della tragica vita della cantautrice francese: dopo i gravi problemi di salute, la Piaf promise al mondo di ricominciare da capo senza più guardare al drammatico passato, ma scomparve prematuramente solo tre anni dopo.

La melodia nostalgica e romantica e il testo così denso di significato, esaltati dalla straordinaria voce di Édith Piaf, hanno reso Non, je ne regrette rien una delle pietre miliari della musica del secolo scorso, che proprio non poteva passare inosservata nel mondo del cinema.

Il brano è parte integrante delle colonne sonore di due film: La Vie en Rose (2007) di Olivier Dahan e Inception (2010) di Christopher Nolan.

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La Vie en Rose (2007) e Inception (2010)

La Vie en Rose è un film biografico su Édith Piaf, interpretata da una magistrale Marion Cotillard, premiata con l’Oscar come miglior attrice protagonista. La canzone assume il ruolo di un personaggio, con una presenza quasi fisica: è l’ultima tappa nella drammatica vita di una stella del firmamento musicale. Una vita costellata di tragedie e sofferenza da cui è scaturita una musica unica per bellezza, intensità e partecipazione emotiva. Citando il Morandini: “un destino che, se riletto alla luce di un testo come Non, je ne regrette rien diventa un inno tragico alla vita in ogni sua epoca” (C. Pardi Vasic). La canzone, atto conclusivo della vita di Édith Piaf, è presente nei titoli di coda, chiudendo simbolicamente il film.

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Marion Cotillard/Édith Piaf ne La Vie en Rose (2007)

Inception è uno dei capolavori del regista Christopher Nolan, oltre che uno dei migliori film del decennio: un thriller fantascientifico che spiazza grazie allo sconvolgente mix di azione e ingegnosità, scandito da un ritmo che lascia senza fiato e sorretto dalla magnifica interpretazione corale di un cast eccezionale (Leonardo DiCaprio, Joseph Gordon-Levitt, Tom Hardy, Ellen Page, Ken Watanabe, Marion Cotillard, Tom Berenger, Michael Caine, Cillian Murphy, Pete Postlethwaite).

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Il cast di Inception (2010): Tom Hardy, Ken Watanabe, Ellen Page, Leonardo DiCaprio, Tom Berenger, Marion Cotillard, Joseph Gordon-Levitt, Cillian Murphy

Cobb (DiCaprio) è un esperto di “estrazione”: un apparecchio a orologeria consente a un gruppo di persone di partecipare a un “sogno condiviso” per penetrare nelle menti di dormienti e rubarne i segreti attraverso i loro sogni e ricordi. In un’operazione di spionaggio industriale, Cobb e la sua squadra hanno una missione ancora più ardua: innestare un’idea nella mente del giovane erede di un potente imprenditore ormai prossimo alla morte.

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Leonardo DiCaprio in Inception (2010)

La canzone Non, je ne regrette rien ricopre un ruolo fondamentale: viene utilizzata dai protagonisti come segnale di imminente risveglio durante il sogno a cui stanno partecipando. Recuperato da una registrazione risultato di diverse copie dall’originale, con un suono antico e sporcato dai vari passaggi, il brano rappresenta il perfetto collegamento tra realtà e sogno, una nota di romanticismo senza tempo né età.

L’attrice francese Marion Cotillard recita in entrambi i film: chissà se sarà così legata alla canzone anche nella vita reale…

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Marion Cotillard

L.A. Confidential (Curtis Hanson, 1997)

Tratto dall’omonimo romanzo di James Ellroy e vincitore di due premi Oscar nell’anno del “fenomeno Titanic“, L.A. Confidential (1997) di Curtis Hanson rappresenta una delle vette nel panorama cinematografico neo-noir e occupa un posto di rilievo nel filone hard boiled esaltato da maestri quali John Woo e Quentin Tarantino.
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Un film dal ritmo incalzante, che non lascia un attimo di tregua, in cui la solida rappresentazione delle ambientazioni d’epoca fa da sfondo ad un cast di prim’ordine: un trio di star maschili (Kevin Spacey, Guy Pierce e un non ancora famosissimo Russell Crowe) e una femme fatale del cinema (Kim Basinger, premiata con l’Oscar) affiancati da straordinari caratteristi come Danny DeVito, James Cromwell e David Strathairn.
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L.A. Confidential
Kim Basinger, James Cromwell, Guy Pierce, Russell Crowe e Kevin Spacey

Nella Los Angeles degli Anni ’50 in cui regnano corruzione, scandali, prostituzione e droga, anche la polizia naviga nel torbido: tra i rappresentanti della legge, emergono le figure di tre poliziotti molto diversi tra loro.
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Jack Vincennes (Spacey) è un investigatore della Squadra Narcotici che intasca mazzette collaborando con Sid Hudgens (DeVito), direttore del giornale scandalistico Zitti-Zitti (Hush-Hush), per cogliere in flagranza di reato le celebrità e arrestarle sul posto con il massimo clamore mediatico. Vincennes lavora inoltre come consulente tecnico per Lampi di Gloria, una serie televisiva di grande successo in cui il protagonista è un poliziotto costruito a sua immagine e somiglianza. Considerato un damerino più che un uomo d’azione per la sua ostentata eleganza e per la sua scarsa propensione al rischio e alla prima linea, dietro l’aspetto impeccabile e l’apparente rilassatezza cela un animo tormentato e disilluso in cui conserva ancora intatto un profondo senso del dovere, benché sepolto da anni di compromessi.
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Jack Vincennes (Kevin Spacey) e Sid Hudgens (Danny DeVito)

L’agente Bud White (Crowe) è considerato un preziosissimo elemento della Squadra Omicidi per la sua totale dedizione al corpo di polizia, la ligia esecuzione degli ordini ricevuti e l’assenza di scrupoli nel ricorrere alla violenza: avendo assistito da bambino all’omicidio della madre da parte del padre, nutre un odio profondo verso chi maltratta le donne.
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Bud White (Russell Crowe) e Ed Exley (Guy Pierce)

Ed Exley (Pierce), anch’egli nella Omicidi, è il figlio di un detective assassinato in servizio da uno sconosciuto che l’ha fatta franca: giovane, ambizioso e irreprensibile, non è disposto ad accettare compromessi per nessun motivo, compreso il cameratismo da caserma, ed è pertanto inviso alla maggior parte dei suoi colleghi.
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Ed Exley (Guy Pierce)

La faida per il controllo della malavita organizzata losangelina dopo l’arresto del boss Mickey Cohen farà venire alla luce l’intricata e sommersa rete di traffici illegali, omicidi e corruzione che arriva a coinvolgere colletti bianchi e alti funzionari del dipartimento di polizia.
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Il regista Curtis Hanson coglie nel segno sia nella direzione degli attori sia nella capacità di ricreare le atmosfere tipiche di Ellroy: una crime fiction resa ancora più autentica e credibile grazie ai riferimenti ad eventi realmente accaduti (il Natale di Sangue, episodio di brutalità poliziesca avvenuto nel 1951) e alla presenza di personaggi realmente esistiti (il gangster Mickey Cohen e il suo scagnozzo Johnny Stompanato, l’attrice Lana Turner).
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Una curiosità: in una piccola parte compare Simon Baker, attore australiano al debutto a Hollywood successivamente divenuto celebre come protagonista della serie televisiva The Mentalist.
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Simon Baker (con Danny DeVito e Kevin Spacey in L.A. Confidential e in primo piano in una foto recente)