Perché la versione cinematografica di “Nuovo Cinema Paradiso” è il capolavoro che il “Director’s Cut” non può essere

Nella storia del cinema, molti film sono stati realizzati in più di una versione: stabilire quale sia la migliore è da sempre oggetto di discussione tra gli appassionati.

Le versioni Director’s Cut (“versioni rimontate dai registi”) consistono di solito in edizioni estese del film, contenenti scene inedite tagliate nella fase di montaggio della pellicola poi distribuita nelle sale (“versione cinematografica”). Spesso si tratta di versioni più complete, che consentono di comprendere meglio alcune scelte del regista senza sminuirne l’effetto. A volte, però, tali versioni rischiano di intaccare il reale valore del film, come quando le scene inedite vengono ridoppiate (per il tempo trascorso tra le due versioni) o quando le aggiunte rendono la pellicola inutilmente prolissa.

È il caso di Nuovo Cinema Paradiso, film del 1988 scritto e diretto da Giuseppe Tornatore e interpretato da Philippe Noiret, Salvatore Cascio, Marco Leonardi, Jacques Perrin, Agnese Nano, Enzo Cannavale, Isa Danieli, Leo Gullotta, Pupella Maggio e Leopoldo Trieste. Nuovo Cinema Paradiso è uno dei capolavori del regista originario di Bagheria: una toccante ode al Cinema e all’amata Sicilia che vanta una delle più belle colonne sonore di Ennio Morricone (il cui Tema d’amore è stato composto dal figlio Andrea).

Giuseppe Tornatore ed Ennio Morricone

Gli esterni del film sono stati girati tutti in Sicilia: Palazzo Adriano (il set principale), Bagheria, Cefalù, Castelbuono, Lascari (la stazione), Chiusa Sclafani, Santa Flavia, San Nicola l’Arena, Termini Imerese e Oriolo Romano. L’edificio del Cinema Paradiso non esiste: è stato costruito per il film, collocato a Palazzo Adriano e smontato al termine delle riprese. L’interno del cinema è la Chiesa di Maria Santissima del Carmelo a Palazzo Adriano.

Palazzo Adriano (PA)

Salvatore Di Vita è un affermato regista cinematografico: siciliano di nascita, vive da trent’anni a Roma. Una sera, rientrando a casa apprende della morte di un certo Alfredo: profondamente rattristato dalla notizia, inizia a rivivere i ricordi della propria infanzia. A Giancaldo, immaginario paesino nella Sicilia del secondo dopoguerra, Alfredo è il proiezionista dell’unica sala cinematografica, il Cinema Paradiso, il solo vero svago per la povera gente del paese. Il piccolo Salvatore, chiamato affettuosamente Totò, attende invano con la madre e la sorellina il ritorno del padre, disperso in Russia. Totò è profondamente incuriosito dalla figura di Alfredo e dal suo lavoro, che accendono in lui una straordinaria passione per il cinema. Nonostante un’iniziale ritrosia, Alfredo insegna a Totò i trucchi del mestiere, diventando per lui il riferimento paterno: grazie ad Alfredo, Totò riesce a coronare il proprio sogno di diventare un proiezionista.

Totò (Salvatore Cascio) e Alfredo (Philippe Noiret)

Gli anni passano e Salvatore, ormai adolescente, si innamora di Elena, figlia del direttore della banca locale. Elena ricambia l’amore per Salvatore, ma i suoi genitori sono contrari alla relazione e, dopo poco, decidono di trasferirsi. Nel frattempo, Salvatore viene richiamato a Roma per il servizio militare. I due innamorati decidono di incontrarsi un’ultima volta per salutarsi prima della partenza, ma Elena non si presenta all’appuntamento. Salvatore la cerca dappertutto, anche durante il periodo di leva, ma ne perde completamente le tracce. Tornato a casa, Alfredo gli consiglia di abbandonare per sempre la sua terra per riuscire a realizzarsi.

Totò (Marco Leonardi) ed Elena (Agnese Nano)

Dopo trent’anni, Salvatore decide di tornare in Sicilia per il funerale di Alfredo, che diventa l’occasione per confrontarsi con il passato e riflettere sul presente: nonostante sia un ricco e famoso regista, la sua vita è triste e senza affetti, e rimpiange la felicità che gli dava il cinema quando era bambino. Rientrato a Roma, Salvatore si fa proiettare una bobina di pellicola lasciatagli da Alfredo, in uno dei finali più commoventi di sempre.

Salvatore (Jacques Perrin)

La potenza della versione cinematografica è nell’emozione del ricordo: l’intero film è un flashback del protagonista, che diventa l’omaggio di Tornatore alla propria terra, povera ma allo stesso tempo gioiosa, e insieme l’esaltazione del suo amore per il cinema, mostrato con gli occhi di un bambino.

La prima edizione, recuperata poi come Director’s Cut, includeva però qualcosa di totalmente avulso dalla magica atmosfera creata dal film: l’incontro di Salvatore ed Elena da adulti. Salvatore le rivela di non aver amato mai nessun’altra e di averla cercata in ogni donna che ha incontrato, ma Elena è ormai sposata con un suo vecchio compagno di scuola: i due vivono una notte di passione, destinata a rimanere unica.

Viene inoltre svelato il motivo per cui non si erano incontrati l’ultima volta: Elena era arrivata tardi all’appuntamento dopo aver litigato con i suoi e non aveva trovato Salvatore, che era andato a cercarla a casa. Al cinema aveva parlato con Alfredo, che le aveva consigliato di lasciar perdere la storia d’amore per il bene di Salvatore e del suo futuro.

Salvatore (Jacques Perrin) ed Elena (Brigitte Fossey)

Il film venne proiettato in anteprima al Festival Europa Cinema di Bari il 29 settembre 1988 nella sua prima edizione di 173 minuti, che fu accolta da pareri contrastanti: pur riscuotendo grandi apprezzamenti per la prima parte, la critica sottolineava l’eccessiva prolissità della seconda parte, in particolare proprio la ridondanza dell’incontro di Salvatore ed Elena adulti. Nel novembre dello stesso anno il film uscì in Italia in un’edizione di 157 minuti, ma la bassissima affluenza di pubblico convinse molte sale a cancellarlo dalla programmazione dopo poche settimane. In seguito, il film venne scartato alla selezione ufficiale del Festival di Berlino.

Dopo altre proiezioni fallimentari, il produttore Franco Cristaldi convinse Tornatore ad accorciare il film di oltre 30 minuti ed eliminare l’incontro finale tra Salvatore ed Elena (tagliando quindi l’intera parte dell’attrice Brigitte Fossey, che interpreta Elena adulta). La nuova versione di 123 minuti, conosciuta come edizione cinematografica, edizione internazionale o Theatrical Cut, si aggiudicò il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes e fu ridistribuita nelle sale italiane in più occasioni fino al settembre 1989, riscuotendo stavolta uno straordinario successo di pubblico e critica: il film venne candidato ai premi Oscar 1990 e vinse la statuetta come miglior film in lingua straniera, consacrandosi da quel momento in tutto il mondo come una delle pellicole italiane più significative degli Anni ’80.

Ma come può un film passare dall’anonimato alla conquista del premio più prestigioso per 30 minuti?
Perché quei 30 minuti fanno la differenza tra un ottimo film e un capolavoro.
Non è stata solo la prolissità a determinare l’iniziale insuccesso della versione estesa: quei 30 minuti alterano il significato più intimo del film.

Elena e Totò

Nella versione cinematografica, la storia d’amore tra Salvatore ed Elena viene affidata totalmente alla rievocazione del passato nella mente del protagonista, e l’emozione che ne scaturisce è irraggiungibile: il rimpianto di non aver vissuto qualcosa di così importante che ancora manca nella propria vita è sopportabile solo perché legato a quel contesto sociale, segnato dall’impossibilità di comunicare a distanza per l’isolamento, l’arretratezza e l’assenza di tecnologia. Rivedersi dopo tanti anni per scoprire di essersi persi per caso, ingabbiati in un’irreversibile infelicità, non è sopportabile e soprattutto non rispecchia il sublime obiettivo del film: descrivere lo spaccato di un’epoca con profonda umanità e commovente genuinità.

Inoltre, far ricadere su Alfredo la fine della storia d’amore tra Salvatore ed Elena conferisce gratuitamente un’aura negativa ad un personaggio altrimenti fino in fondo positivo: perfino quando consiglia a Totò di andar via senza mai fare ritorno avvertiamo in lui solo l’affetto che prova per il ragazzo, che per lui è sempre stato come un figlio. Alfredo può essere indirettamente responsabile dell’infelicità di Totò, che nel concentrarsi sulla propria carriera non è riuscito a ritrovare l’amore, ma non possiamo perdonargli di esserlo direttamente: non al punto da distruggere i suoi sentimenti.

Alfredo e Totò

Ormai in televisione e nel circuito home video viene riproposta quasi solo l’edizione Director’s Cut, come fosse diventata la versione ufficiale del film, ma la versione cinematografica è ancora disponibile e in una collezione non può mancare.

Il Nuovo Cinema Paradiso

12 pensieri su “Perché la versione cinematografica di “Nuovo Cinema Paradiso” è il capolavoro che il “Director’s Cut” non può essere

  1. Bellissimo Film …bella la storia la fotografia il tema dei cinema che finiscono e io ho vissuto di persona ho 60 anni,ricordo quand’ero piccolo l’estate mia madre mi mandava dai nonni ad un paesino vicino Roma Arcinazzo Romano e la sera il prete in piazza proiettava dei film su un telo grande con un audio pessimo,tutti si portavano le sedie da casa..e ho visto i film con le scene dei baci mancanti…e ho rivissuto quei momenti.

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  2. Un film di una bellezza unica. Mi ricordo quando lo proiettarono a Bologna al cinema Jolly, il primo giorno incassò solo 28 mila lire. Poi dopo gli Oscar, davanti al cinema c’era la fila. Meno male che il pubblico andò a vederlo, avremmo perso un vero capolavoro

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  3. Dal mio punto di vista aver tagliato il film è stato un grande errore ,uno dei più bei film al mondo, raccontare la dura vita dopo la guerra in cui era sottoposta la popolazione, togliere l’incontro con la sua amata non mi è piaciuto io direi di chiedere dopo aver visto il film quale versione e piaciuta. Io direi la versione integrale. Con chi parli tutti affermano la versione integrale.

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    1. Ciao Franco, a me è capitato anche di parlare con appassionati di cinema che preferiscono la versione cinematografica: sicuramente il fatto che esistano sostenitori entusiasti di entrambe le versioni indica che si tratta di un film davvero speciale!

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  4. Ho appena rivisto su RAI movie questo splendido film , struggente di affetti e del sapore dei ricordi che cerchiamo accuratamente di nascondere. Tornatore invece c’è li butta in faccia , quasi con violenza. Nel fil RAI c’è anche la scena del incontro dei due innamorati con i capelli bianchi.grazie di avermi fatto rivivere sentimenti e sensazioni che in chi ha 83 anni come me si pensa siano scomparsi.

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  5. Ho visto ed amato subito la versione integrale. Quindi rivedere dopo anni questo film “mutilato” della passione matura tra Totò ed Elena (e trovarmi davanti l’esplosione del cinema al posto loro) mi ha messo tristezza.
    Non giudico le scelte, anche se in fondo le capisco, ma per me, son 2 film molto diversi, e faccio fatica a guardare il film dal taglio finale.

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  6. Non sono assolutamente d’accordo; la versione originale, accorciata di 30 minuti, ha comunque subito un taglio.
    Indipendentemente dalla fortuna del pubblico, la “Director’s cut” è quella che corrisponde alla volontà ultima del regista, e va accettata per quello che è. La “theatrical version” è frutto di un rimaneggiamento, è comunque una modifica imposta , come accadde per altri capolavori come “Blade Runner”, “Balla coi lupi”, o “Le crociate”, il film che invece a causa della distribuzione disgraziata non potè essere compreso appieno.

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  7. Sono totalmente in disaccordo: la versione integrale è IL film, IL capolavoro… la versione “tagliata” è un bel film sulla passione per il cinema. Aver tagliato la scena dove il protagonista capisce che lei non aveva ricevuto il suo messaggio, lasciando ad entrambi il dubbio per tutta la vita… i tagli sono stati uno scempio. Poi ovviamente anche il film tagliato è un bellissimo film, ma senza la struggente componente emotiva dei due che per tutta la vita non hanno saputo che cosa era veramente successo e perché non si erano più ritrovati… un taglio atroce, che poi gran parte del pubblico preferisca film più corti e più “leggeri” non è una novità ma nemmeno un buon motivo per demolire un capolavoro.

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  8. Spiegazione perfetta.
    Da anni cerco la versione “corta” cinematografica di questo capolavoro. La stessa che vidi in sala e che ha fatto innamorare mezzo mondo.
    Per una volta l’occhio del produttore ha inciso nettamente in modo positivo e cassando la parte che appesantisce oltremodo il film.
    Spero di trovare la versione premiata da critica e pubblico mentre per ora ho solo pescato quella appiattita ed appesantita, la director’s cut.
    Poi tornerò al gioco di individuare tutti i film dei baci tagliati che Totò finalmente si gode in sala.

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  9. Prendiamo l’esempio di “C’era una volta in America”:
    Dopo tanti anni è stato fatto un corposo restauro, con aggiunta di molte scene importanti, grazie anche alla famiglia Leone e Martin Scorsese.
    Essendo fatta postuma, non possiamo parlare propriamente di”Director’s Cut”,
    ms sicuramente del film come era stato pensato dall’autore.
    Lo stesso James Woods, uno dei protagonisti della pellicola, ha detto che quello restaurato, e che lui non aveva mai visto in quel modo, era il vero film.
    In letteratura, il lavoro dei critici è sempre stato quello di ricostruire il più fedelmente possibile come il suo autore aveva immaginata e realizzata.
    Nel cinema, bisognerebbe fare la stessa identica cosa.
    È stato così anche per il leggendario”Blade Runner”, dove finalmente Ridley Scott, a potuto mettere mano definitivamente alla sua versione, senza le imposizioni originali da lui non volute.
    “Nuovo cinema Paradiso” , non contravviene a questo principio.
    Detto questo, a nessuno è vietato prediligere le versioni “storiche”, ma va tenuto conto che, in molti casi, non si tratta di quelle completamente corrispondenti alla volontà degli autori.

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    1. Resta il paradosso, però, che in certe occasioni il taglio apportato in produzione contribuisce a rendere un film immortale (anche contro quelle che erano le idee dell’autore).
      Oltre al già citato esempio di “Nuovo cinema paradiso”, pure la versione originale di “Blade runner”, quella dal finale consolatorio e soprattutto della voce off (che lo rende un omaggio immenso al noir… un noir futuristico) ha generato il cult, non certo l’ennesimo director’s cut.
      In definitiva così come una canzone od una poesia appena create non appartengono più all’autore ma a tutti noi lettori od ascoltatori, lo stesso accade ad un film.

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