La recente promozione del Leeds United in Premier League (la Serie A di calcio inglese) è stata per tifosi e addetti ai lavori la fine di una maledizione: i Whites erano infatti da ben 16 anni nel purgatorio delle serie inferiori dopo la grave crisi societaria dei primi Anni 2000.
Non sono molti i film degni di nota che parlano di calcio, nella storia del cinema: una delle eccezioni più significative è legata proprio ad una “maledizione”: Il maledetto United (Tom Hooper, 2009), tratto dall’omonimo romanzo di David Peace.

È la storia di Brian Clough, “il più grande allenatore che l’Inghilterra non ha mai avuto”, e dei suoi disastrosi 44 giorni come allenatore del Leeds United. Una squadra che, guidata dal sanguigno Don Revie, stava vivendo la sua epoca d’oro nel decennio tra il 1965 e il 1974, vincendo ogni sorta di trofeo nazionale e facendosi conoscere anche in Europa, consacrandosi come una delle realtà più blasonate d’Inghilterra.

Quando nel 1974 Don Revie fu chiamato ad allenare la nazionale inglese, la scelta della società ricadde sull’acerrimo rivale Brian Clough, che in soli due anni era stato capace di condurre la sua piccola squadra, il Derby County, dalla Second Division (la Serie B inglese di allora) alla vittoria del massimo campionato proprio contro il Leeds.

Ma chi era Brian Clough? Un genio, un innovatore.
I suoi metodi e le sue idee sconvolsero il rigido e tradizionalista sistema del calcio britannico su tutti i fronti, dal gioco alla comunicazione, dall’atteggiamento in campo al coinvolgimento dei tifosi. In un contesto dominato da vigore fisico, aggressività, irruenza e scarso fair-play, in cui la tattica e la tecnica contavano poco, Clough predicava un gioco pulito, lasciando spazio alla fantasia e all’entusiasmo. Anche dal punto di vista mediatico Clough era unico nel suo genere: descritto da molti come scostante, permaloso e arrogante, in pubblico si mostrava sfrontato, sicuro di sé e usava un linguaggio diretto e senza giri di parole che arrivava subito al cuore della gente.

Come poteva un personaggio del genere sostituire un allenatore all’antica venerato da una squadra famigerata per la scorrettezza in campo, gli interventi duri e gli atteggiamenti al limite dell’intimidazione?
Molti pensarono che Clough avesse accettato la panchina con la precisa intenzione di distruggere il Leeds United. I giocatori lo accusarono di nutrire un odio pregresso nei confronti della loro squadra e che stesse addirittura cercando di farla retrocedere, con allenamenti mediocri e un atteggiamento superficiale.
Dopo 44 giorni di insuccessi, Brian Clough fu esonerato.

Il presunto odio di Clough per il Leeds United avrebbe avuto inizio nel 1968 durante un match di FA Cup (Coppa d’Inghilterra) tra i Whites, in testa al massimo campionato, e il suo Derby County, in bassa classifica nella serie minore. L’usanza tra allenatori voleva che l’ospite salutasse il padrone di casa. Don Revie non solo non avrebbe stretto la mano a Clough, ma non l’avrebbe nemmeno riconosciuto tra i presenti: l’atteggiamento fu visto come un’inaccettabile mancanza di rispetto tra colleghi.
Subito dopo la “sfortunata” parentesi al Leeds, Clough si trasferì al Nottingham Forest, dove restò per 18 anni vincendo 1 Campionato, 4 Coppe di Lega, 1 Community Shield, 2 Full Members Cup, 1 Supercoppa Europea e, soprattutto, 2 Coppe dei Campioni consecutive, rendendo il Nottingham Forest l’unica squadra della storia ad aver vinto più Coppe dei Campioni che titoli nazionali.

In un calcio così legato alla tradizione come quello inglese, Brian Clough introdusse delle assolute novità e riuscì a imporle con risultati considerati ancora oggi un “miracolo sportivo“.
Il focus del film è sull’uomo, sull’allenatore e sulla sua idea di calcio: sarebbe stato bello anche approfondire i dettagli del suo gioco, così diverso da tutti gli altri a quel tempo, e in cosa le sue squadre erano davvero speciali. Ma forse scendere troppo nel tecnico lo avrebbe reso ancor di più un film di nicchia per appassionati di calcio.
La figura di Clough, interpretato da un magnifico Michael Sheen, è rappresentata in maniera realistica e convincente, rendendo il biopic molto coinvolgente anche per i profani.

Il calcio inglese è ricco di storie affascinanti: ho scoperto che Storie di Premier le racconta davvero bene.